BEYOND BORDERS: Alla scoperta di Orphan di László Nemes

László Nemes, premio Oscar per Il figlio di Saul, ha completato a settembre le riprese di Orphan, girato in dieci settimane a Budapest

Il panorama cinematografico internazionale è in continuo fermento, con opere che, indipendentemente dalla lingua o dal contesto culturale, riescono a trascendere le barriere geografiche e linguistiche. In questa rubrica, Beyond Borders, esploreremo i film più attesi di registi di fama mondiale, analizzando come le loro visioni artistiche abbiano il potere di superare le frontiere, creando un legame universale tra il pubblico e il grande schermo.

László Nemes torna a Budapest con Orphan

Iniziamo con l’Ungheria con il premio Oscar László Nemes, regista noto per il suo stile immersivo e per i suoi film acclamati come Il figlio di Saul e Tramonto, che ha completato lo scorso settembre le riprese del suo nuovo film, Orphan, che si sono svolte in un periodo di dieci settimane a Budapest, un luogo che continua a essere al centro del suo approccio cinematografico.

Ambientato nel 1957, subito dopo l’insurrezione contro il regime comunista, il film racconta la storia di un giovane ragazzo e della sua famiglia, mentre cercano di navigare le difficili circostanze politiche e sociali dell’epoca. Come nei suoi lavori precedenti, Nemes esplora il destino individuale contro un contesto storico di grande turbamento, mantenendo il suo caratteristico stile visivo ravvicinato che intensifica l’esperienza emotiva e coinvolge profondamente lo spettatore.

Orphan: una coproduzione internazionale tra Ungheria e Europa

La produzione di Orphan è principalmente un’iniziativa ungherese, con la Pioneer Productions come casa di produzione principale. Il National Film Institute – Hungary ha svolto un ruolo cruciale nel finanziamento del progetto, contribuendo con 186.250 euro per la pre-produzione e 4,208 milioni di euro per la produzione stessa. Tuttavia, Orphan è anche una coproduzione internazionale che coinvolge società del Regno Unito, della Francia e della Germania, arricchendo così la dimensione globale del progetto. Nonostante la pellicola sia stata venduta in vari territori europei, tra cui Italia, Portogallo e Grecia, al momento non sono stati annunciati piani specifici per la sua presentazione nei festival cinematografici.

Considerando il successo della filmografia di Nemes e l’interesse internazionale che le sue opere suscitano, è altamente probabile che Orphan venga presentato in alcuni dei principali festival cinematografici internazionali una volta completata la fase di post-produzione. La qualità artistica e la rilevanza storica del film potrebbero rappresentare un ulteriore passo nella carriera di Nemes, consolidando la sua posizione come uno dei registi più distintivi della sua generazione.

László Nemes: una cinepresa che esplora l’umanità nei momenti di crisi

László Nemes è un regista che ha costruito una carriera distintiva grazie alla sua capacità di raccontare storie profonde attraverso un linguaggio cinematografico intenso e coinvolgente. Il suo debutto con Il figlio di Saul (2015) lo ha immediatamente catapultato nell’Olimpo del cinema internazionale vincendo il Gran Premio della Giuria al Festival di Cannes con cui ha inaugurato il suo trionfale ingresso nell’Awards Season di quell’anno che lo ha portato a vincere non solo l‘Oscar per il Miglior film straniero ma anche il BAFTA, il Critics Choice Award e il Golden Globe.

Il film, ambientato nei campi di concentramento durante l’Olocausto, non si limita a descrivere l’orrore storico, ma invita lo spettatore a viverlo, quasi in prima persona, grazie a uno stile visivo che predilige inquadrature ravvicinate e una messa a fuoco selettiva. La narrazione si concentra sulla psicologia del protagonista, un prigioniero che cerca disperatamente di dare un senso a un’esperienza insensata, dando vita a una storia intima e universale.

Nel suo successivo lavoro, Tramonto (2018), Nemes mantiene la sua ricerca stilistica, pur spostandosi in un contesto storico diverso, quello della Budapest della fine della Prima Guerra Mondiale. Qui, la sua regia continua a esplorare temi di identità, disillusione e la complessità dei rapporti umani in un momento di grande crisi. La protagonista, come nel caso di Il figlio di Saul, è messa al centro di una narrazione che non solo analizza la società in un preciso contesto storico, ma si focalizza anche sulle sue dinamiche psicologiche e sul percorso di auto-scoperta di una persona in un mondo che sembra sfuggirle.

László Nemes si distingue non solo per il contenuto dei suoi film, ma per la sua visione visiva. La sua attenzione al dettaglio e alla prospettiva ravvicinata crea una sensazione di claustrofobia, ma anche di connessione emotiva con i suoi personaggi, riuscendo a immergere il pubblico nel dramma senza mai perdere il contatto con la dimensione umana. Con ogni progetto, Nemes esplora la fragilità dell’individuo in contesti estremi, rivelando una cinepresa che guarda il mondo da vicino, ma sempre attraverso lo sguardo dei suoi protagonisti.

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