Una delle poche categorie ad essere completamente stravolte dalle nominations agli Oscar è sicuramente quella del Miglior documentario laddove sono stati a sorpresa esclusi i 3 principali competitors della gara di quest’anno, costretti a cedere il passo a progetti dal respiro internazionale.
Su questa lunghezza d’onda se l’assenza del pluripremiato doc su Michael J.Fox, Still: A Michael J.Fox Movie (Apple Original Films) era nell’aria dopo l’esclusione dai Producers Guild Awards, è stata inaspettata invece la mancata nomination del favorito American Symphony (Netflix) rimbalzato in testa nelle previsioni dopo il suo exploit nelle short-list dell’Academy, che comunque è riuscito ad ottenere una candidatura per la Miglior canzone originale. Amara delusione anche per il coraggioso Beyond Utopia (Roadside Attractions) che insieme ai primi due condivideva la candidatura a diversi key awards tra cui quella ai BAFTA e ai Critics Choice Documentary Awards.
Queste “omissioni”, frutto di alcune dinamiche imprevedibili di questa categoria, meritano una riflessione sulla tipologia dei membri votanti più che sul processo di voto che è comunque quello preferenziale come per il Miglior film. In tal senso nel corso del tempo questa categoria ha subito una serie di revisioni da parte dell’Academy per rispondere alle richieste ma soprattutto alle proteste del settore: dalla creazione di un vero e proprio ramo di documentaristi all’obbligo (sacrosanto!) di vedere tutti i film nominati prima di votare il vincitore, con l’apertura a tutti i membri dell’Academy per la designazione del Miglior documentario dell’anno.
Il discorso è che a differenza delle altre categorie questo ramo tende a non lasciarsi influenzare dai riconoscimenti dei critici, consapevole del fatto che poi nello scrutinio conclusivo emergerà il soggetto più popolare, dato che nella fase finale votano anche quelli che non fanno parte del settore. In questo modo si spiega perché resta la categoria più imprevedibile almeno per la composizione della cinquina. Per il vincitore invece il verdetto combinato BAFTA + PGA si sta rivelando un forte indicatore come è successo negli ultimi anni per doc come My Octopus Teacher e Navalny* che sono diventati frontrunner dopo aver vinto questi 2 premi chiave.
*(Navalny aveva vinto anche il Critics Choice Documentary Award ma senza mai brillare durante l’Awards Season dello scorso anno)
In siffatto contesto il doc ucraino 20 Days in Mariupol diventa ufficialmente il favorito, dopo che i suoi principali rivali sono stati esclusi! Inseguito da altri 2 progetti festivalieri che erano comunque nel radar delle previsioni come il doc tunisino Four Daughters di Kaouther Ben Hania (Festival di Cannes) e come quello cileno The Eternal Memory (Festival di Berlino).
Chiudono la cinquina Bobi Wine: The People’s President (National Geographic) vincitore dell’International Documentary Award e candidato ai BAFTA per la categoria Outstanding Debut by a British Writer, Director or Producer, e To Kill a Tiger (National Board of Canada) vincitore del Palm Springs International Film Festival.