Annunciata la short list dei 10 semifinalisti in corsa per una nomination agli Oscar nella categoria Miglior film internazionale tra conferme e sorprese. Una scelta ardua considerando che quest’anno sono stati presentati più di 90 film in rappresentanza delle rispettive cinematografie nazionali con una serie di primati e curiosità. In tal senso 3 Paesi hanno inviato per la prima volta un loro film per la selezione degli Oscar: il Ghana con Azali, l’Uzbekistan con Hot Bread e la Nigeria con Lionheart che però è stata squalificata perchè il film era per lo più in lingua inglese (a cui ha seguito la squalifica dell’Afghanistan e dell’Austria per aver presentato una pellicola non conforme al regolamento). 2 Paesi hanno scelto film animati come il Giappone e la Cina. 29 Paesi hanno presentato film diretti da registe donne (+ 20 rispetto allo scorso anno) e 7 Paesi hanno inviato pellicole con tematiche LGBTQ
Oscars 2020: quali sono i 10 semifinalisti?
PARASITE (Corea del Sud): prevedibile la sua nomination come del resto la sua vittoria come Best International Feature Film dopo aver letteralmente dominato l’Awards Season americana conquistando numerosi riconoscimenti anche in altre categorie: 3 Los Angeles Film Critics Association Awards (attore non protagonista, regia, film), 3 Washington DC Area Film Critics Association Awards (film, regia, straniero). Senza dimenticare che ha conquistato la nomination in alcuni premi chiave: dalle 6 candidature ai Critics’ Choice Award (miglior film, miglior film straniero, miglior sceneggiatura, miglior regia, miglior cast, miglior montaggio) alle 3 nomination ai Golden Globe (straniero, regia, sceneggiatura), fino a quella ai SAG Awards come miglior cast, categoria che è solitamente viene considerata come quella del miglior film. Un grande risultato per la Corea del Sud dato non è mai riuscita ad entrare nella cinquina finale. Solo Burning di Lee Chang-dong si è avvicinato alla nomination l’anno scorso, riuscendo ad entrare nella short-list dei semifinalisti.
DOLOR Y GLORIA (Spagna): il patchwork maliconico e suggestivo del maestro Pedro Almodovar è il titolo di punta europeo trainato dalla toccante interpretazione di Antonio Banderas (miglior attore al Festival di Cannes) in pole position per una candidatura agli Oscar nella categoria lead actor dopo aver vinto il New York Film Critics Circle Award e il Los Angeles Film Critics Association Award, senza dimenticare la nomination ai Golden Globe e ai Critics’ Choice Awards. In generale la pellicola è stata inserita nella Top 5 Foreign Language Film ai National Board of Review, ha vinto 2 Los Angeles Film Critics Association Awards (attore, straniero) e collezionato 5 nomination ai Satellite Awards (miglior film internazionale, miglior regia, miglior attore, miglior attrice non protagonista, miglior sceneggiatura). Nella storia degli Oscar la Spagna ha conquistato 15 nomination e collezionato ben 4 statuette: Volver a empezar di José Luis Garci (1982), Belle Epoque di Fernando Trueba (1993), Tutto su mia madre di Pedro Almodovar (1999), Mare Dentro di Alejandro Amenabar (2004).
LES MISERABLES (Francia): il dramma sociale dell’emergente Ladj Ly, vincitore del Gran Premio della Giuria all’ultimo Festival di Cannes, è riuscito ad entrare nella short list nonostante avesse dalla sua parte solo alcune nomination come ottenute per il miglior film straniero ai premi chiave dell’Awards Season (Spirit Awards, Satellite Awards, Critics’ Choice Award, Golden Globe). Di contro il suo rivale Portait of a lady on fire di Celine Sciamma ha vinto un numero impressionante di premi, nonchè numerose candidature ai riconoscimenti assegnati dalle associazioni dei critici americani, ma non è presente nella shortlist perchè ogni Paese può scegliere un solo film per la selezione degli Oscar aprendo il dibattito su alcune regole obsolete da parte degli Academy. Nella storia degli Oscar la Francia ha ottenuto ben 39 nomination e 12 Oscar per questa categoria, escludendo le 3 statuette onorarie assegnate tra il 48′ e il 52′ ai due film di René Clement (Au-delà des grilles, Jeux interdits) e a Monsieur Vincent di Maurice Cloche.
ATLANTICS (Senegal): la sorprendente e accattivante opera prima di Mati Diop potrebbe regalare al Senegal la prima nomination agli Oscar della sua cinematografia nazionale. Già vincitrice del Gran Premio della Giuria all’ultimo Festival di Cannes e del premio come miglior opera prima al London Film Festival, la pellicola si è fatta notare durante l’Awards Season americana conquistando la nomination sia ai Satellite Awards che ai Critics’ Choice Award. Senza dimenticare che è stata inserita nella Top 5 Foreign Language Film ai National Board of Review e ha vinto il New York Film Critics Circle Award come miglior opera prima. Nella storia degli Oscar questa è la seconda volta che il Senegal invia un proprio film per la selezione del miglior film in lingua non inglese. La prima volta è stato nel 2017 con il film Felicité di Alain Gomis che è riuscito ad entrare nella short list dei semifinalisti.
BEANPOLE (Russia): anche se non ha particolarmente brillato durante l‘Awards Season, la sua nomination era attesa trainata dal premio FIPRESCI vinto all’ultimo Festival di Cannes e del premio per la miglior regia conquistato nella sezione Un certain regard. In tal senso tra i premi americani spicca la sola nomination ai Satellite Awards. Nella storia degli Oscar la Russia ha conquistato 7 nomination e vinto l’ambita statuetta una sola volta nel 1994 con il film Bruciato dal sole di Nikita Mikhalkov.
HONEYLAND (Macedonia del Nord): il documentario di T. Kotevska e Ljubomir Stefanov che ha avuto un ottimo riscontro negli States dato che ha vinto 3 premi importanti nella sezione Documentari al Sundance Film Festival: Cinematography Award, Grand Jury Prize, World Cinema Documentary Special Jury Award. Successivamente ha dato filo da torcere al suo rivale Apollo 11 per la categoria Miglior documentario, entrambi in pole position ai prossimi Oscar, vincendo numerosi riconoscimenti durante la Stagione dei Premi: dal Most Compelling Living Subject of a Documentary ai Critics Choice Documentary Award al New York Film Critics Circle Award. Al centro del documentario c’è la lotta di una donna impegnata nella salvaguardia delle api minacciate dai cambiamenti climatici e dalla sempre più diffusa ignoranza verso la necessità di proteggere gli alveari necessari all’equilibrio della natura. Attraverso una narrativa visiva esplorativa i registi ci spingono a riflettere sul nostro comportamento nei confronti delle risorse naturali e anche sulla condizione umana rispetto ad un’emergenza planetaria. Nella storia degli Oscar la Macedonia del Nord ha ottenuto una sola nomination nel 1994 grazie al meraviglioso film di Milcho Manchevski dal titolo Prima della Pioggia.
SORPRESA
Tra i Paesi che a sorpresa sono stati inseriti nella short list considerando la loro assenza dai premi delle associazioni dei critici americani che impreziosiscono le fasi della Stagione dei Premi spiccano:
la Polonia che ha puntato sulla pellicola Corpus Christi di Jan Komasa presentata con successo al Toronto International Film Festival e per la sezione Venice Days della Mostra Internazionale del Cinema di Venezia. Nell’Awards Season americana ha conquistato una sola nomination come miglior film straniero agli Houston Film Critics Society Awards.
Il film ruota attorno alla scelta di un giovane la cui trasformazione spirituale diventa un valido motivo per apprezzare la vita con un nuovo sguardo sulla Fede in Dio. Nella vicenda il protagonista scopre in prigione la sua vocazione ma dato il suo passato criminale non può diventare prete, così un giorno viene mandato a svolgere un lavoro in una bottega del Paese ma preferisce fuggire, vestirsi da prete e insediarsi in una piccola parocchia locale. La sua carismatica fede gli consente di aiutare la comunità scossa da una recente tragedia. Nella storia degli Oscar la Polonia ha conquistato 11 nomination vincendo l’ambita statuetta solo una volta e cioè nel 2015 con il film Ida di Pavel Pawlikowski.
L’Ungheria rappresentata dal dramma storico Those Who Remained di Barnabás Tóth presentato con successo all’ultima edizione del Telluride Film Festival.
La pellicola ruota attorno alle conseguenze del dopoguerra dal punto di vista di due ungheresi che offrono una prospettiva diversa sugli orrori dell’olocausto: da un lato un medico di mezza età, la cui moglie e i cui figli sono morti nei campi di concentramento,e dall’altro lato una ragazza di 16 anni plasmata in una furiosa negazione degli eventi che hanno determinato il genocidio in massa degli ebrei. Due sguardi diversi sul passato possono produrre una visione ottimistica del futuro? Molti film affrontano la sofferenza degli anni dell’Olocausto, ma molta meno attenzione solitamente viene data a coloro che sono riusciti a tornare dai campi. In siffatto contesto questo dramma ungherese dolorosamente tenero colma questa lacuna. Nella storia degli Oscar l’Ungheria ha ottenuto 10 nomination vincendo l’ambita statuetta 2 volte: nel 1981 con Mephisto di Istvan Szabo e nel 2015 con Il figlio di Saul di Laszlo Nemes.
La Repubblica Ceca che ha puntato sull’apprezzata pellicola presentata all’ultimo Festival di Venezia, The Painted Bird di Vaclav Marhoul. Ha al suo attivo il premio FIPRESCI al Camerimage dove ha vinto anche il Bronze Frog (terzo posto per il riconoscimento alla migliore fotografia). Inoltre è stato nominato ai Satellite Awards come miglior film internazionale.
La storia personale di un giovane sopravvisuto ebreo nella disperata ricerca di un rifugio per sfuggire agli orrori della seconda guerra mondiale è al centro di un dramma corale, nel quale si muovono anime e personaggi tormentate e disperate. Un ritratto inquietante in bianco e nero sulla trasformazione di un mondo oramai scenario selvaggio e primitivo dove è difficile sopravvivere, ma dove vivere è quasi impossibile. Nella storia degli Oscar la Repubblica Ceca ha conquistato 3 nomination (Kolya, Divisi si perde, Dark Blue World) e vinto 1 statuetta nel 1997 con il film Kolya di Jan Sverak.
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Esito imprevedibile anche per il campione di incassi Truth and Justice di Tanel Toom, ad oggi il film estone più visto di sempre, che è entrato a sorpresa nella short list in rappresentanza dell’Estonia dopo l’incredibile successo in patria, strettamente connesso con la sua natura letteraria dato che Truth and Justice è considerato come la più importante opera estone, scritta nel 1926 da Anton Hansen Tammsaare. Al centro della vicenda una storia dal carattere epico su due rivali, vicini proprietari terrieri: l’onesto Andres (Priit Loog ) che vive secondo il libro di Dio, e l’astuto Pearu (Priit Võigemast), che ha una idea tutta sua di ciò che è giusto e sbagliato. Il loro conflitto è un’occasione per interrogarsi sui valori di integrità che ogni uomo dovrebbe avere. Nella storia degli Oscar l’Estonia ha conquistato una sola nomination all’Oscar e cioè nel 2014 grazie al toccante film Tangerines di Zaza Urushadze.
SNOBBATI
MONOS (Colombia): partito come uno dei favoriti dopo la sua vittoria al London Film Festival, preceduta dal World Cinema Dramatic Special Jury Award vinto al Sundance Film Festival, il thriller di sopravvivenza Monos è stato escluso dalla shortlist dopo aver conquistato solo una nomination agli Hollywood Critics Association Awards (miglior film straniero). Nella storia degli Oscar la Colombia ha conquistato la nomination 1 sola volta e cioè nel 2016 con la pellicola di Ciro Guerra, El abrazo de la serpiente, per poi andarci molto vicino l’anno scorso con il film Oro verde che infatti fu selezionato per la short list dei semifinalisti senza però conquistare successivamente la candidatura.
LA VITA SEGRETA DI EURIDICE GUSMAO (Brasile): occasione mancata per la cinematografia carioca che ha puntato sul vincitore della sezione Un certain regard dell’ultima edizione del Festival di Cannes, The Invisible Life of Eurídice Gusmão diretto da Karim Ainouz, tratto dal romanzo omonimo di Martha Batalha. Nel cast spicca in un cameo la candidata all’Oscar Fernanda Montenegro. Sembrava a portata di mano una candidatura data la sua buona performance nell’Awards Season dato che ha conquistato non solo una candidaturra agli Independent Spirit Awards (miglior film straniero), ma è stato inserito anche nella Top 5 Foreign Language Film ai National Board of Review. Nella storia degli Oscar il Brasile è riuscito a conquistare la candidatura ben 4 volte La parola data di Anselmo Duarte (1962), Il Quadriglio di Fabio Barreto (1996), 4 giorni a settembre di Bruno Barreto (1998), Central do Brazil di Walter Salles (1999)
AND THE WE DANCED (Svezia): fuori dalla shortlist anche il film drammatico di Levan Akin And The We Danced dopo essere stato presentato con successo all’ultima edizione del Festival di Cannes nella sezione Quinzaine des Realisateurs oltre ad aver vinto il premio come miglior attore (Levan Gelbakhiani) al Sarajevo Film Festival. La pellicola svedese poteva contare su un forte apprezzamento da parte della critica americana dato che ha ottenuto l’83% di recensioni positive sul rinomato aggregatore Rotten Tomatoes, anche se non ha conquistato alcuna nomination tra i premi della critica. Nella storia degli Oscar la Svezia ha conquistato 16 nomination vincendo la statuetta ben 3 volte grazie al genio di Ingman Bergman: La fontana vergine (1960), Trough a Glass Darkly (1961), Fanny e Alexander (1983). L’ultima nomination conquistata risale al 2017 con il film The Square di Ruben Ostlund.
RETABLO (Perù): titolo LGBTQ di punta diretto da Alvaro Delgado-Aparicio già vincitore di numerosi premi nei Festival a tematica LGBTQ come il New York’s LGBT Film Festival dove ha conquistato il premio come miglior film straniero e l’Inside Out Toronto LGBT Film Festival dove ha vinto il premio per la miglior opera prima, Retablo non è riuscito a sorpresa ad entrare nella shortlist dopo il suo passaggio silenzioso nell’Awads Season americana dato che può contare solo su una nominations importante agli Independent Spirit Awards nella categoria miglior film straniero. Nella storia degli Oscar il Perù ha conquistato una sola nomination nel 2009 grazie al film La teta asustada di Claudia Llosa.
Peccato per l’Italia
Niente da fare per l‘Italia che poteva contare sul meraviglioso film Il Traditore, nonostante il forte apprezzamento da parte della critica americana alla poetica del maestro Bellocchio unitamente all’interpretazione del nostro Pierfrancesco Favino che non sono riuscite a fare breccia nel cuore dell’Academy. In ogni caso il verdetto era prevedibile data la sua completa assenza dai premi dell’Awards Season americana nonostante l’intervento della Sony Classic che ha fatto un lodevole lavoro nella campagna promozionale del film confezionando For You Consideration mirate a potenziare gli aspetti accattivanti della pellicola italiana. Peccato!